Esattamente il 28 gennaio di 183 anni fa a Baùco (stato pontificio) avvenne una delle più importanti vittorie dei briganti di sua maestà contro i predatori dei Savoia. Segue la descrizione dell’avvenimento dal libro LUIGI ALONZI DETTO CHIAVONE. Come d’uso, la novella Italia cambiò il nome del luogo dove aveva patito vergognose sconfitte e Baùco divenne Boville Ernica (FR).
I briganti borbonici si ritirano in Bauco, nella Ciociaria ernica , dove già erano scappati molti frati al primo assalto piemontese; tutti si sentivano al sicuro essendo nello stato pontificio ed ospiti graditissimi vista l’accoglienza entusiasta della popolazione che ammirava le loro gesta ormai epiche. Come prevedibile, l’impudenza, la fellonia e l’illegalità dell’esercito di V. Emanuele permettono ai circa tremilacinquecento uomini di de Sonnaz di sconfinare puntando sulla cittadina che egli ritiene incapace di resistere senza stato di guerra e quindi senza armi. Bauco si trova in collina con dirupi tutti intorno con la protezione di alte mura nell’unica parte accessibile. Senza nulla chiedere Chiavone e de Christen, con i loro quattrocento uomini, hanno l’appoggio totale ed immediato dei sudditi del Papa che si schierano con loro. Tutti si trincerano aspettando il nemico. Chiavone dà ordine di accumulare molte grosse pietre da utlizzare mentre…si ricaricano i fucili. Nel comando condiviso con de Christen, prendono parte attiva il Coataudon e il napoletano Achille Caracciolo di Girifalco. All’alba del 28 compare l’inviso tricolore in testa alla divisione piemontese con tutta l’imponenza del numero formato da granatieri, fanteria, cavalleria e sezioni d’artiglieria. A semicerchio gli aggressori si schierano contro la porta principale che aveva anche le mura meno alte, ma il resto circonda tutto l’abitato. Chiaramente si ode la voce di un ufficiale che arringa i soldati ordinando di uccidere chiunque sia visto e promettendo il sacco del paese. Il barbaro graduato sabaudo guida il primo temerario assalto ma la Provvidenza fa inzuppare del suo sangue la terra ernica, assieme a molti altri per la precisa scarica di fucilieria che fa fallire il velleitario tentativo. Incomincia allora il pesante bombardamento a mitraglia ma la gittata troppo lunga ordinata dai poco efficienti ufficiali sabaudi passa sopra le teste dei difensori e colpisce giusto i commilitoni che si trovano dalla parte opposta! Questi pensano che le cannonate vengano dalla città, quando alcune spie avevano assicurato della sua imbelle situazione! Dopo due ore di questa ridicola ma sanguinosa fase della battaglia per gli assedianti, viene ordinato l’assalto generale alle mura. Da ricordare che ad ogni cannonata sprecata dagli spalti saliva il grido di Viva Francesco II!
Appostati perfettamente sono soprattutto i soldati borbonici siciliani a fare nuovamente strage del nemico. Tutti coloro che hanno un fucile respingono i campioni di Casamari! Su di loro cadono anche le pietre acuminate che sono adoperate come previsto mentre si ricaricano le armi per non perdere nemmeno un secondo nella difesa ed anche per risparmiare munizioni. In più punti è sferrato l’attacco piemontese ma Chiavone e de Christen comandano meravigliosamente, spostando uomini rapidissimamente per tamponare qualche lato meno forte con la conseguenza di segnare ogni luogo assalito con una montagna di caduti nemici; inoltre i due capi-massa esaltano e rasserenano gli animi, specialmente degli abitanti, gridando che la Madonna non consentirà mai agli stranieri di penetrare in Bauco per il saccheggio e lo stupro minacciati. E la Madonna li sta a sentire. De Sonnaz stanco della superba resistenza e dell’inettitudine dei suoi soldati, avviliti per le centinaia e centinaia di perdite, crede di poter dettare condizioni ai difensori. De Christen gli fa cambiare autorevolmente idea. Alla fine si addiviene ad un accomodamento che prevede il ritorno senza molestia dei Piemontesi al di là del confine. L’alsaziano deporrà le armi alla capitolazione di Gaeta ottenendo i benefici dei soldati di Francesco II; sarà poi arrestato a Napoli con un’accusa non provata di far parte della congiura di Frisio. Bauco è salva assieme ai borbonici ed il fiume Amaseno porta le sue acque arrossate dal sangue dei predoni del nord in tutta la valle con un duplice e macabro messaggio a chi si trova sulle sue rive: terribile per i superbi invasori ed entusiasmante per le popolazioni oppresse.
Sulla strada del mesto e scornato ritorno, i Piemontesi si trovano nuovamente innanzi a Casamari e sperano di trovare aiuto per i numerosissimi feriti nella famosa farmacia claustrale. Si sono dimenticati, però, che all’andata si erano comportati peggio dei Vandali e non riescono a trovare il necessario conforto tra gli antichi vasi con medicamenti ormai rovesciati e fratturati: giusta punizione per le loro malefatte!
La descrizione della battaglia di Bauco è dovuta sempre a padre Antonio Onorati che racconta un altro notevole episodio riguardante una monaca di un convento della cittadina ernica. La clarissa mentre assisteva alle opere di fortificazione erette in fretta e furia dai briganti con l’aiuto degli abitanti, rimase stupefatta nel vedere i due comandanti borbonici Chiavone e de Christen, asserendo di averli visti qualche settimana prima in un sogno premonitore. Quel sogno era stato inizialmente un incubo perché aveva visto delle orde di barbari mettere a ferro e fuoco Bauco e violare il monastero; sempre in sogno la suora pregò con gran fervore la Vergine per chiedere aiuto e la Madonna le sorrise mostrandole due persone che avrebbero scongiurato
quel tremendo pericolo: uno era in divisa, l’altra sembrava un contadino. Erano proprio de Christen e Luigi Alonzi, come li aveva ammirati combattere eroicamente innanzi ai Piemontesi. Questo avvenimento dettagliatamente riportato è in ogni caso la dimostrazione di un sentimento antiunitario che scaturiva dal profondo della fede cattolica delle popolazioni ciociare. La fede che animava i briganti è un altro elemento che allontana i giudizi negativi posti accanto alla loro augusta memoria. I veri patrioti-briganti erano assai vicini ai loro nonni sanfedisti del 1799 che sventolavano l’insegna con la Croce e lottavano a stretto contatto con il clero. E non si trattava di un clero esaltato o scomunicato, come quei rari casi di religiosi rivoluzionari appresso a Garibaldi o nella Repubblica Partenopea. Si trattava di un clero ligio alle direttive papali che, con grandi sforzi e grandi risultati, svolgeva un’opera di equilibrio tra la giusta causa della difesa armata e gli eccessi che in ogni circostanza si potevano toccare. Numerosissimi sono gli esempi di interventi di religiosi nel mitigare gli effetti dell’acerrima lotta con la rivoluzione. Basti per tutti citare quello del cardinale Ruffo che concesse ai capi della Repubblica Napoletana il salvacondotto per l’estero, poi revocato dalla tracotanza infida dell’ammiraglio Nelson.
In seguito Bauco avrebbe subito la massima attenzione per la cancellazione della memoria storica e per la stratificazione di menzogne proprie dei vincitori. Ciò avverrà per molti altri paesi che avevano particolarmente resistito ai Piemontesi, come Mola di Gaeta divenuta Formia. Dopo più di dieci secoli il nome della ridente cittadina è cassato, ripescando quello romano di Boville Ernica, come tuttora si chiama; inoltre sono apposte lapidi che ricordano solo i morti invasori e si convocano adunate frequenti con trombe e bandiere tricolori per onorare quelli che caddero compiendo un’infamia condannata da Dio e dal popolo. L’accanimento nazionalistico italiano spesso, però, rende satura l’atmosfera e fa meditare anche gli sprovveduti che nelle esagerate e costose feste tricolori intravedono verità nascoste assai imbarazzanti per i vincitori!