Cronaca dei fatti di Pietrarsa del 1863
Oggi che nel mondo si festeggia la festa del lavoro, nella memoria di proteste operaie in America dell’ultimo quarto dell’Ottocento, ci sembra doveroso ricordare un altro (triste) primato del regno borbonico. Il 6 agosto 1863 decine di operai morti e feriti inzupparono il suolo dell’industria metalmeccanica di Pietrarsa che da primo stabilimento d’Italia, vanto dell’economia borbonica, si doveva forzatamente avviare all’annichilimento (infatti oggi è un museo ferroviario). Le maestranze, un tempo soddisfatte ed orgogliose, subirono i progressivi ed ingiustificabili licenziamenti degli affaristi a cui il governo piemontese aveva perfidamente affidato l’opificio. Il questore Nicola Amore non esitò a mandare la truppa dei bersaglieri contro gli operai che difendevano il loro prestigioso posto di lavoro. Alla fermezza dei manifestanti risposero le baionette dei soldati di Vittorio Emanuele di Savoia senza pietà e senza ragione plausibile.
Il Sud dovrebbe festeggiare quel giorno come festa del lavoro; ma forse incomincerebbe a ritrovare le proprie radici inaridite, il proprio orgoglio calpestato e la consapevolezza incrollabile che solo senza nessuna mano estranea è possibile costruire il nostro futuro con meno disoccupazione, meno malavita, meno disastri ambientali, meno burocrazia corrotta e inefficiente.