Il sindaco di Napoli sta sempre di più caratterizzandosi quale paladino contro tutti i mali che affliggono la città, specialmente contro quelli che provengono dalle istituzioni centrali. Attorno a lui sembra che aleggi un’aria di rivoluzione per cambiare radicalmente il modo di gestire le risorse locali e renderlo libero dai deleteri legacci esterni che normalmente lo intralciano. Qualche volta ha parlato dell’autonomismo di Barcellona e Catalogna, qualche altra dei rivoltosi messicani di un secolo fa, ultimamente è sempre più affascinato dalla Rivoluzione Partenopea del 1799.
Pur comprendendo il processo ferreo con cui la cultura giacobina ha permeato tutti quelli che passano per la scuola italiana, bisogna comunque constatare che il XXI secolo sta facendo finalmente piazza pulita della falsa storia. Conseguentemente, la voce di Napoli è da più parti considerata rappresentativa di un’intera nazione che sta rivivendo in un numero crescente di cosiddetti meridionali che si sentono invece orgogliosamente duosiciliani. Ecco perché è necessario precisare le menzogne storiche e ammonire coloro che in buona fede ancora le brandiscono.
Se partiamo dal paradigma ‘Due Sicilie-Borbone-Popolo-Benessere’ e lo confrontiamo con ‘Repubblica Partenopea-Elite-Sfruttamento e massacro popolare’ il paragone non regge per nessuna persona dotata di buon senso e di amore per la propria terra e i propri fratelli di sangue. Quello stato fantoccio ideato dagli invasori francesi del 1799 fu, come esplicitamente conclamato, una tragica anteprima del Risorgimento che tutti ormai sanno quali danni abbia provocato agli ex territori delle Due Sicilie, da 155 anni sprofondati in una crisi alloctona e senza fine. Quelli che guardano a quella Repubblica in buona fede (come vogliamo pensare del sindaco sino a prova contraria) ignorano semplicemente che il popolo la rifiutò, la combatté, la subì con decine di migliaia di vittime e un vero salasso fiscale; quelli che s’inteneriscono per i cosiddetti ‘Martiri del 99’ ignorano pervicacemente che essi erano rei di stato, condannati per imposizione degli alleati inglesi (Ruffo tentò invano di farli fuggire all’estero), assassini dei ‘lazzari’ che difesero la capitale (a gennaio con i cannoni di Sant’Elmo) , un gruppetto di intellettuali (cento) che odiavano il popolino protetto dal Re che sono stati spacciati quali non rinnovabile ‘classe dirigente di un regno civilissimo di 9 milioni di abitanti’!
La rivoluzione del ’99 (passiva come confessò Cuoco) fu l’espediente per schiavizzare il popolo, come purtroppo avvenne nel 1861. Come riferirsi ad essa quando si dice di amare Napoli e i Napolitani(con la ‘i’!!!)? Come commuoversi assistendo ad un lautamente finanziato spettacolo sulla Fonseca, voltabandiera e mediocre personaggio, strumentalizzata dalla perfida propaganda antiborbonica? Come non ridere in faccia agli autori che sembra abbiano proposto addirittura di intestarle la piazza più bella del mondo? Come pensare al benessere dei cittadini mostrando l’esempio di quando essi furono bistrattati in ogni maniera? Noi tutti auspichiamo un vero cambiamento radicale ma non tanto verso Roma o Bruxelles quanto nei confronti dei principi che muovono i colonizzatori di Napoli e del Sud, cioè quelli neogiacobini agognati invece da questi recenti difensori del meridionalismo. Senza il rigetto completo di quell’ideologia, generatrice di atroci misfatti, può mutare formalmente ogni cosa ma tutto continuerà a martoriare Napoli, Napolitani e Siciliani.
Finché si rimane nell’ambito delle opinioni, in questo periodo di campagna elettorale, ognuno esprime le sue e se ne prende le conseguenze nell’urna; ma quando si osa progettare qualcosa di osceno a nome di tutti bisogna prendere atto che non siamo sotto la dittatura sabauda che impose la piazza del Falso Plebiscito e che i Lazzari (e persino i Sanfedisti) sono pronti a tornare per evitare in qualsiasi modo una nuova Rivoluzione Contro il Popolo!
Vincenzo Gulì